Giovani senza guida: il fallimento di una società che ha smesso di educare - Il Blog di Giuseppe. Testata on line. Blog d'approfondimento delle notizie con particolare interesse per la Sicilia - Borghi e dintorni della Sicilia

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Giovani senza guida: il fallimento di una società che ha smesso di educare

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Oggi educare un figlio non è solo difficile: è diventato quasi un atto di resistenza contro una società che ha smesso di prendersi cura dei più giovani. Basta guardarsi intorno per accorgersene: violenza nelle strade, baby gang, bullismo, aggressioni gratuite, mancanza totale di rispetto verso chiunque, donne, anziani, disabili. È questo lo spettacolo quotidiano a cui assistiamo nelle nostre città. Una degenerazione che non nasce dal nulla, ma da anni di abbandono, silenzio e complicità collettiva.

Una volta esistevano regole, confini, responsabilità. Frasi come "Rispetta la maestra", "Saluta l’anziano", "A tavola si sta composti" non erano imposizioni dittatoriali, ma semplici pilastri su cui si costruiva il senso del rispetto e della convivenza. Oggi, quelle stesse frasi sembrano quasi offensive. O peggio ancora, inutili. Perché la verità è che l’educazione è stata svenduta al progresso tecnologico e al consumo facile.

I genitori, spesso stremati da lavori sottopagati, da bollette impossibili da pagare, da una precarietà che si trasmette come un’eco continua dentro le mura domestiche, si ritrovano senza forze, senza strumenti. E allora lasciano fare, delegano. Ed ecco che a educare sono diventati TikTok, Instagram, YouTube, serie TV e influencer che vivono in una realtà finta, patinata, inaccessibile. I modelli? Soldi facili, apparenza, successo senza fatica. Il risultato? Ragazzi disillusi, arrabbiati, sradicati.

In questo scenario, cresce il numero di famiglie in difficoltà economica. Cresce il divario tra chi può permettersi scuole, sport, tempo e chi, invece, si barcamena tra un genitore disoccupato e un frigorifero mezzo vuoto. E allora i giovani si ribellano. Ma non con proteste pacifiche. No. Si ribellano con la rabbia cieca di chi si sente ignorato, di chi cresce in un quartiere dimenticato dalle istituzioni, in una scuola che cade a pezzi, in una società che predica uguaglianza ma non sa più nemmeno cosa significhi.

E così nasce l’arroganza, quella che altro non è che un grido disperato di attenzione. Nasce l’educazione mancata, che diventa violenza. Nasce il disprezzo verso il prossimo, che sia un anziano che cammina lento o una donna che non si piega. Perché se nessuno ti ha mai insegnato il rispetto, come puoi riconoscerlo?

Il problema è sotto gli occhi di tutti, ma continuiamo a far finta di niente. Preferiamo puntare il dito contro “i giovani di oggi” come se fossero marziani piovuti dal cielo, invece di assumerci la responsabilità di essere adulti assenti, istituzioni cieche, una società malata di indifferenza.

C’è ancora tempo per cambiare rotta, ma serve coraggio. Serve ripartire dall’educazione vera, quella fatta di presenza, di tempo, di regole. Serve smettere di idolatrare la libertà fine a sé stessa e ricominciare a parlare di doveri, di rispetto, di comunità. Se non lo facciamo ora, ci troveremo presto in un mondo dove la violenza sarà l’unico linguaggio conosciuto. E a quel punto sarà troppo tardi per indignarsi.




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