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Il nodo dei consumi in Italia: meno tasse ai lavoratori per far ripartire l’economia

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In Italia si parla da anni di crescita economica, di rilancio dei consumi, di sostegno alle imprese. Eppure, i consumi restano al palo e le aziende continuano a faticare. Mentre si moltiplicano le proposte per abbassare le tasse alle imprese, una questione fondamentale resta in secondo piano: il potere d’acquisto dei lavoratori e dei pensionati. Senza una vera spinta ai redditi medio-bassi, ogni ipotesi di rilancio resta un esercizio teorico.

Secondo i dati Istat, milioni di italiani vivono con poco più di mille euro al mese. Parliamo di operai, impiegati, pensionati: persone che ogni giorno affrontano bollette, mutui, affitti, spese sanitarie e alimentari con un margine sempre più sottile. In queste condizioni, aspettarsi un aumento della domanda interna è semplicemente illusorio.

Il problema non è tanto la volontà di spendere, quanto la possibilità. Quando il reddito è appena sufficiente per coprire le spese essenziali, i consumi non possono che rimanere stagnanti. E in un Paese in cui l’80% del PIL è generato dalla domanda interna, questo è un problema strutturale.

L’IRPEF – l’imposta sul reddito delle persone fisiche – pesa in modo sproporzionato sui redditi da lavoro dipendente e da pensione. Negli ultimi anni sono state introdotte alcune misure correttive, come il taglio del cuneo fiscale, ma l’effetto reale sullo stipendio netto resta limitato. In parallelo, crescono invece le spese impreviste: sanità, istruzione, trasporti, tutte voci che incidono fortemente sui bilanci familiari.

La vera leva per rilanciare i consumi, allora, non è abbassare le imposte alle aziende (che già oggi spesso non reinvestono quanto risparmiato in assunzioni o innovazione), ma restituire fiato ai portafogli di chi consuma ogni giorno. Ridurre la pressione fiscale sui redditi medio-bassi non è solo una scelta di equità, ma una strategia economica.

In un’economia come quella italiana, dove il risparmio tende a concentrarsi nelle fasce più abbienti mentre i redditi più bassi spendono tutto ciò che guadagnano, indirizzare il sostegno fiscale verso chi ha meno significa innescare un circolo virtuoso. Più soldi in tasca ai lavoratori significa più acquisti, più domanda di beni e servizi, più lavoro. E più lavoro significa, in ultima analisi, più gettito per lo Stato.

Serve un cambio di prospettiva. Le imprese hanno bisogno di clienti, prima ancora che di incentivi. E i clienti, per tornare a comprare, hanno bisogno di redditi adeguati. Solo così l’economia italiana potrà davvero ripartire.



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