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Alfiero Grandi: "E' in corso un nuovo attacco alla Costituzione"

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Alfiero Grandi è stato Sottosegretario all’ Economia e alle Finanze nel Governo Prodi

"Una buona legge elettorale è condizione per garantire la Costituzione: i capi partito vogliono un Parlamento di nominati", a dirlo è Alfiero Grandi che è stato Sottosegretario all’Economia e alle Finanze nel Governo Prodi dalla sua formazione il 18 maggio 2006 ed iscritto nel 1960 alla Federazione Giovanile Comunista, di cui è stato Segretario Provinciale a Bologna, successivamente è entrato nel PCI. In seguito ha partecipato al percorso che ha portato alla nascita del PDS e dei Democratici di Sinistra. Dopo il congresso nazionale di Firenze dei D.S. ha aderito a Sinistra Democratica dalla sua fondazione il 5 maggio 2007.
Insomma un politico di sinistra e non uno del Movimento 5 Stelle oggi scrive:
"Il referendum del 4 dicembre impone alle Camere di fare una legge elettorale finalmente costituzionale. I partiti fanno giochi di potere attorno al sistema di voto mentre è in corso un nuovo attacco alla Costituzione".
E aggiunge: "Il risultato, ad oggi, è che mentre sulla Costituzione si è via via creata una grande attenzione, fino alla vittoria del No del 4 dicembre 2016, sulla legge elettorale l’opinione pubblica è distratta, incerta, quasi non c’entrasse con la Costituzione. Eppure proprio Renzi aveva chiarito, all’inizio, che c’è un rapporto inscindibile tra modifiche costituzionali e legge elettorale. Tanto che dall’Italicum fu tolta l’elezione del Senato, nella convinzione di vincere il referendum e renderlo non più eleggibile.
Quando Renzi e la maggioranza pensavano di vincere il referendum puntavano ad una legge elettorale ipermaggioritaria come l’Italicum, degno erede del Porcellum. Dopo la vittoria del NO è emerso chiaro che una nuova legge elettorale, coerente per Camera e Senato come ha chiesto anche Mattarella, non è facile da ottenere, tanto più se drogata da ipermaggioritario.
Tanto che Renzi dopo le reazioni del fronte maggioritario - dentro e fuori il Pd - sulla nuova bozza di legge elettorale a giugno ha preferito far saltare il banco, prendendo a pretesto un incidente parlamentare, importante, ma non tale da giustificare questo repentino voltafaccia.
Oggi sembra prevalente la convinzione che tanto vale votare con le leggi che restano dopo gli interventi della Corte costituzionale e pazienza se uscirà una situazione difficilmente governabile. La cosa che interessa di più ai capi partito è decidere dall’alto chi verrà eletto, in modo da controllare il futuro parlamento e queste leggi possono servire allo scopo.
Eppure dopo tre elezioni nazionali con il porcellum dovrebbe essere chiaro a tutti che il parlamento è oggi ai minimi storici di apprezzamento tra i cittadini. Solo chi vuole mettere in discussione la centralità del parlamento può avere interesse a volerne eleggere un altro incapace di muoversi con autonomia.
Purtroppo un colpo alla credibilità del parlamento verrà proprio da quello attuale se si dimostrerà incapace di arrivare ad approvare una nuova legge elettorale, coerente con i principi costituzionali.
Attenzione: contro la Costituzione si stanno muovendo opinionisti importanti, che mettendo i piedi nel piatto propongono non solo di rilanciare le modifiche alla seconda parte della Costituzione, ma chiariscono che cambiare la seconda serve a modificare anche la prima, cioè i principi, che invece richiederebbero piena attuazione legislativa.
Settori delle classi dirigenti del nostro paese recepiscono così le pressioni provenienti da ambienti europei ed internazionali, in particolare finanziari, che vogliono modificare Costituzioni come la nostra, che bloccano derive accentratrici ed autoritarie. L’obiettivo è dare potere a tecnocrazie decisioniste.
Se il parlamento diventasse difficilmente difendibile per la sua incapacità di legiferare se non sotto dettatura, dietro l’angolo ci sarebbe una qualche forma di deriva presidenzialista, del resto presente nella predilezione renziana per il sindaco d’Italia. La destra sostiene esplicitamente una via presidenzialista.
Il rovesciamento della nostra Costituzione aprirebbe la strada ad un ribaltamento istituzionale, sogno antico di settori importanti delle classi dirigenti italiane ed europee, oggi tornato di attualità con l’alibi della globalizzazione.
La legge elettorale non è dissociabile dalla Costituzione. Una buona legge elettorale è condizione per garantire la Costituzione.
I costituenti non hanno inserito i principi della legge elettorale, ma la Corte ha il compito di vigilare sul rispetto dei principi fondamentali della Costituzione, anche se lo ha fatto con ritardo (3 elezioni con il porcellum) e tanta prudenza.
Tra Costituzione e legge elettorale c’è un legame fortissimo, derivante da principi come l’uguaglianza del voto, una rappresentanza non ridotta oltre limiti di ragionevolezza. Il premio di maggioranza non corrisponde a questi principi, che già faticano a tollerare soglie di accesso troppo alte.
La governabilità va garantita ma a questo debbono servire sia norme come la sfiducia costruttiva, sia una ripresa del ruolo proprio dei partiti che dovrebbero avere programmi veri, vita interna democratica e trovare intese politiche trasparenti dal loro incontro, quando è necessario.
Dalla legge elettorale dipenderanno le scelte politiche del futuro parlamento e la stessa qualità della nostra democrazia.
Per stoppare il tentativo di rimangiarsi il risultato del referendum occorre anzitutto ridare ruolo e credibilità al parlamento, al suo ruolo di rappresentanza dei cittadini.
E’ fondamentale che gli elettori possano decidere chi mandare in parlamento."


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