Lo svantaggio socio-economico pesa sulle aspettative di vita in Campania. L'accettazione delle nuove terapie è fondamentale per ridurre mortalità e disabilità.
Uno stile di vita errato unito allo svantaggio socio-economico, tipico delle regioni del sud Italia, aggiungiamoci ancora l'alta incidenza dell'obesità giovanile e la sedentarietà e la scarsa propensione alla prevenzione praticando regolarmente attività fisica, sono fattori di rischio che conducono all'alta incidenza e prevalenza del diabete in Campania.
In tutto il sud Italia si registra un generale maggiore incremento dei nuovi casi annui di malattia rispetto al Centro nord, situazione compromessa ancor più dalla pandemia che ha inciso significativamente sull’accesso alle cure.
Il diabete è una malattia cronica dalla quale purtroppo non si guarisce ma se diagnosticata in tempo e curata adeguatamente può evitare di portare a processi patologici che colpiscono tutti gli organi e apparati, complicando di molto la situazione clinica di chi ne è affetto.
Tanto è emerso da un focus sulla pandemia diabete promosso a Napoli da Motore Sanità con il contributo non condizionante del gruppo Menarini e Guidotti.
"La Campania negli ultimi anni ha messo in campo un’articolata rete di centri multispecialistici pubblici e accreditati per la cura del diabete che hanno ridotto le conseguenze a lungo temine della patologia – ha sottolineato Diego Venanzoni, consigliere regionale - ma bisogna migliorare sull’accesso a visite e controlli puntando su agende dedicate anziché sul Cup unico e su questo aspetto lavoreremo in Consiglio".
Il diabete aumenta di 4 volte il rischio di sviluppare un ictus (un trattamento efficace invece lo riduce di un terzo), aumenta del 300% il rischio di infarto e di 4 volte il rischio di cardiopatie (un trattamento efficace lo riduce del 50%).
I consigli degli esperti sono sempre quelli di uno stile di vita con poca carne rossa e tanta attività fisica.