
Il mondo che sogno è un luogo privo di ipocrisia, in cui le persone si mostrano per ciò che sono veramente, senza maschere sociali, senza la necessità di fingersi giudici supremi o detentori di una saggezza illusoria. Oggi, invece, i social network sono diventati una moderna piazza del tribunale, un’arena in cui chiunque si sente in diritto di puntare il dito contro gli altri, dispensando critiche e sentenze come fosse un impeccabile magistrato, un professore dalla cultura inarrivabile o un filosofo di fama mondiale. Eppure, basta osservarli al di fuori dello schermo per scoprire quanto il loro comportamento reale contraddica le parole che predicano con tanta sicurezza. Sono gli stessi che parlano di onestà mentre nascondono le proprie menzogne, che difendono la correttezza mentre coltivano l’inganno, che inneggiano al rispetto mentre insultano con leggerezza.
Dove l’amore per il prossimo?
Vorrei un mondo in cui l’amore per il prossimo non fosse solo un concetto astratto, ma una realtà concreta, tangibile. Oggi questo sentimento appare sempre più raro, persino all’interno delle famiglie, dove il valore degli affetti è spesso sacrificato sull’altare del denaro. Quando i legami di sangue diventano meri strumenti di guadagno, quando una sorella si insinua nelle debolezze dei genitori per garantirsi un’esistenza agiata a spese dei fratelli, manipolando due persone ormai fragili e ignare, allora si comprende davvero quanto il denaro possa corrodere anche le fondamenta di una famiglia patriarcale. Genitori che hanno dedicato la vita ai propri figli si ritrovano privati di tutto, inconsapevoli del fatto che il loro amore incondizionato è stato trasformato in una risorsa economica da sfruttare. E i fratelli? Separati, divisi da un’avidità che ha preso il posto della solidarietà.
Dove il rispetto per l’ambiente?
E che dire dell’ambiente in cui viviamo? Della sicurezza che si sgretola nelle nostre città? La violenza e il degrado hanno preso il sopravvento, lasciando spazio a un’inciviltà diffusa e apparentemente inarrestabile. Basta recarsi in un parco pubblico per rendersi conto di quanto l’uomo abbia smarrito il senso del rispetto: resti di picnic disseminati ovunque, bottiglie abbandonate, rifiuti gettati senza il minimo scrupolo. Le città, con le loro strade sporche e trascurate, testimoniano il disinteresse collettivo verso il bene comune. E se allontanarsi dai centri storici significa immergersi in un paesaggio di degrado e sporcizia, allora la domanda sorge spontanea: perché non riusciamo a rispettare ciò che è di tutti?
Perché lanciare un sacchetto dell’immondizia dal finestrino dell’auto non appena si esce dalla propria zona di residenza? Perché svuotare il posacenere sulla strada mentre si è fermi a un semaforo? Perché gettare una sigaretta accesa fuori dal finestrino, incuranti del rischio che possa colpire un motociclista di passaggio? Sono piccoli gesti, apparentemente insignificanti, ma che rivelano una mentalità pericolosa: quella dell’indifferenza, dell’egoismo, della totale mancanza di responsabilità.
Perché tutto questo oggi? Perché siamo diventati così? Forse perché abbiamo smarrito il senso della collettività, perché la cultura del rispetto si è affievolita sotto il peso di un individualismo sfrenato, perché ci siamo abituati a vivere in una società che giustifica tutto, che minimizza ogni gesto di inciviltà, che rende accettabile anche l’inaccettabile.
Conclusione
Ma il mondo migliore che sogno esiste, almeno come possibilità. Un mondo in cui il rispetto, l’amore, la giustizia e la responsabilità non siano parole vuote, ma valori autentici su cui costruire il futuro. Il cambiamento non è impossibile, ma deve partire da noi, dai nostri gesti quotidiani, dal coraggio di non adeguarci a una società che premia la furbizia e penalizza la correttezza. Il mondo migliore che vorrei non è un’utopia irraggiungibile, ma un traguardo che possiamo costruire insieme, se solo lo volessimo davvero.