La città di Randazzo era circondata un tempo da una cinta muraria lunga circa tre chilometri, molto probabilmente di epoca sveva, con otto torri e dodici porte, anche se ormai soltanto alcuni tratti sono visibili oggi. Ciò che resta oggi è il Castello, ossia una delle otto torri, e quattro porte: Porta Aragonese, Porta San Martino, Porta San Giuseppe e Porta Pugliese. Queste ultime due sono delle Postierle, mentre Porta Aragonese si trova lungo il tratto più lungo della cinta muraria superstite e deve il suo nome al fatto che Re Pietro d'Aragona, in occasione del suo restauro, vi fece apporre, accanto allo stemma della città di Randazzo, il proprio e quello della moglie Costanza, ancora oggi visibili.
Porta San Martino, invece, si trova in un breve tratto residuo di cinta muraria ed è chiamata anche Porta Palermo, o Porta San Cristoforo, per via dell'immagine del Santo che un tempo vi era affrescata, poi scomparsa, ma sostituita nel 1983 da una composizione in ceramica policroma del professor Nunzio Trazzera.
Ultima delle otto torri della cinta muraria di Randazzo, fu denominata il Maschio per la sua importanza nell'opra di difesa della città. Il Giustiziere del Valdemone, nel XIII secolo, trasformò i sotterranei in camere di tortura per i prigionieri e i condannati a morte. Oggi, restaurato, è sede della collezione archeologica Vagliasindi.